Ciao, Akela.


Il mio percorso scout è sempre stato contraddistinto da costanza e presenza, ma ho sempre avuto diverse difficoltà per quanto riguarda l’apprendimento delle competenze richieste. Ero imbranato, scoordinato, distratto e goffo. Ma la mia debolezza più grande era la demotivazione. Tu sei stato il primo, a insegnarmi cosa volesse dire mettersi in gioco e credere nelle proprie abilità. Le mie non erano il pallone, era evidente a tutti. Ma avevi visto qualcosa in me, che sapevi che io ancora non conoscevo.

 


È in quel momento lì, che mi hai incaricato di riscrivere la preghiera di San Francesco incidendola su una tegola di legno, con il pirografo. Sarebbe andata a sostituire quella centrale, in sede, che era protagonista della conclusione di tutte le nostre attività, che prevedevano, per l’appunto, la recita di quella preghiera.

L’avrebbero vista tutti, e sarebbe rimasta lì per tempo immemore. Oggi, a distanza di 12 anni, il compensato inciso dal sottoscritto è ancora nella sede del branco Waingunga.

Così ci siamo conosciuti, per davvero. Ci vedevamo tutte le settimante solo tu ed io per incidere, lettera dopo lettera, la preghiera più importante di quella branca scout.

Il risultato fu disastroso. Errori ortografici, parole invertite, linee e punti qua e là, segni di maldestri spostamenti di mano. Ma ad ogni errore e per ogni incongruenza, tu sorridevi. Mi sorridevi. Io non ne ero soddisfatto, me ne vergognavo quasi, ma tu eri contento. Ne eri quasi orgoglioso. E mi convinsi. Ne ero diventato orgoglioso anch’io. E rimembrarlo oggi, lo rende terribilmente commuovente.

Credesti in me, quando nessuno pareva farlo. Il susseguirsi di ruoli che ebbi assunto come capo sestiglia, vice, capo squadriglia, miglior novizietto, furono piccole soddisfazioni, che con il senno di poi, oggi so che senza la tua spinta probabilmente non sarebbero arrivate.


Nel periodo in cui io e mia madre eravamo soli, lo eravamo per davvero. Mia madre non aveva la macchina, e tu ti sei sempre prestato a darle e darci passaggi pre o post campi o bivacchi che fossero, nonostante fossimo fuori mano. Ho in mente un viaggio, in ritorno dal mio secondo campo lupetti, 2005.

La tua macchina era così lunga, era indubbiamente la macchina dei tuoi genitori. Allora eri un ragazzino. Ma guidavi bene, ed io pensavo a quanto fossi fortunato a saper guidare e ad avere un’auto, e ricordo di aver pensato a questo durante tutto il tragitto, sognando e pensando al giorno in cui lo avrei potuto fare anche io.

Oggi lo posso fare. E se ci penso, impulsivamente vorrei prendere la mia 500 e andare a caricare tutti gli autostoppisti che trovo in strada, per riuscire ad avvicinarmi un po’, anche se da lontano, alla fantastica e ineguagliabile persona che eri.

Non ci sei più.

Ma se nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta, vivrai finché morte non mi separi in una piccola parte di me, quella che vedrà i piccoli successi, gli sforzi, e le conquiste.

Perché crederci è la sfida più grande che non tutti hanno il coraggio di fare, ma che tu mi hai insegnato.

Ciao Akela 🐺




🐺

Un pensiero riguardo “Ciao, Akela.

  1. Scrivi davvero molto bene. Anche io ho incontrato nel mio percorso scout un capo fantastico. È stato mio capo per pochi anni ma mi ha completamente cambiato la vita. E l’ha fatto semplicemente ascoltandomi, ascoltando i miei dubbi di fede e il mio primo coming out.
    Leggere queste righe mi ha fatto rivivere quei momenti speciali, ti ringrazio e ringrazio anche il mio capo clan preferito 🙂

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