Insisti e resisti, raggiungi e conquisti.

 

E anche questa incredibile avventura è finita. Il mio ultimo anno accademico è concluso e seppur con la parentesi della sessione d’esami di settembre posso considerarmi ufficialmente in vacanza.

Cospicuo numero di esami superati, tirocinio giunto al termine, sudati successi, notti sui libri e due mesi passati in coma psicofisico hanno dato i loro frutti.

Voglio parlarvi dell’esame che ho sostenuto oggi. Si trattava di un esame di diritto, non voglio scendere nel merito, quello che conta è che per me da un anno oramai rappresentava uno scoglio insormontabile. Esame non infattibile, alla portata di molti e sulla linea del mio corso di laurea forse di tutti. Condizionato dalle mie scarse capacità mnemoniche, vedevo questa prova orale come qualcosa di insuperabile.

È un corso del secondo semestre del mio 2° anno, stiamo quindi parlando del periodo che va da febbraio a maggio del 2016. I lettori più fedeli e le persone a me vicine conoscono quel periodo come il mio periodo più buio. Ad ogni lezione, prendevo appunti, nonostante non fosse una mia attitudine per le altre materie. All’inizio di ogni appunto scrivevo, come molti di voi probabilmente saranno abituati a fare, la data.

Così, studiando, per ogni argomento trattatato ripercorrevo la scia temporale dello scorso anno ricordando come stavo, leggendo tra le righe da me scritte ciò che stavo vivendo. Febbraio paragrafi immacolati, a marzo glaciali spazi vuoti e frasi disconnesse per poi giungere alle pagine di aprile, caratterizzate da elenchi di errate definizioni. Maggio assente.

Ripassare Diritto significava questo. Per ogni sessione, per un anno, studiavo ripercorrendo la mia caduta e mi presentavo ad ogni appello speranzoso che sarei riuscito a trovare il coraggio di sedermi su quella sedia e incominciare a parlare. Ma non lo trovai, fino ad oggi. Uscii con il mio 30 con gli occhi bagnati dalla commozione.

Cosa è cambiato? Indubbiamente una indiscutibile preparazione migliore, ma soprattutto una maggiore consapevolezza. Si tratta di potenziale inespresso. Il più grande incubo e il più grande dono, capace di stupire sempre dotandoti di innumerevoli assi nella manica.

Ho appreso questa nozione durante il mio stage aziendale dove ho avuto l’opportunità di mettere alla prova me stesso e le mie capacità scontrandomi più volte con quotidiani errori, ma che mi hanno insegnato moltissimo. Quella del tirocinio è stata per l’appunto l’esperienza più costruttiva della mia vita. Affacciarsi al mondo del lavoro, appartenere ad un team e conscere i colleghi. I colleghi. Vedere attraverso i muri a vetri gli adulti lavorare in modo devoto ma spensierato era per me fonte di continua ispirazione. E le pause, le pause caffé di gruppo, erano uno dei momenti in cui imparavo di più, ascoltando i discorsi dei miei superiori che senza riserve interagivano con spontanea ed amichevole naturalezza con noi stagisti.

E alla mia collega stagista e compagna di divertentissime sventure, devo il merito di avermi permesso di sentirmi a casa fin dal primo giorno. Grazie alla sua complicità, ha reso ogni momento difficile un momento, una situazione, da cui poter imparare qualcosa. La porterò nel cuore.

Tornando a noi, tirando le somme, posso ritenermi decisamente soddisfatto di quello che sono riuscito a raggiungere quest’anno, ho raggiunto traguardi che mai avrei pensato di raggiungere e sono cresciuto, a dismisura.

Insisti e resisti, raggiungi e conquisti.

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