Greetings from Finland.

L’estate procede, nonostante le mie vacanze siano concluse. Ho avuto la straordinaria possibilità di spostarmi al nord, facendo un viaggio improvvisato all’ultimo minuto in Finlandia, toccando Estonia e Lettonia. Si è trattato di un viaggio all’insegna della pace dei sensi, che mi ha fatto scoprire dei lati di me stesso fino ad allora ignoti: ho scoperto che amo viaggiare. E per di più, che amo farlo da solo. Lo zaino in spalla ed il trolley che mi hanno seguito per più di 2.400 km, sono stati i miei unici compagni di viaggio negli spostamenti che mi hanno portato a trovare mia cugina e la sua famiglia, che vive a Turku.

Avevo bisogno di staccare. Un grazie speciale va alla mia straordinaria cugina, che mi ha accolto a casa sua come se ci avessi vissuto da sempre, che mi ha aiutato. In tutto. L’abbraccio delle sue parole di conforto nei momenti in cui condividevo le storie più tristi del passato mi hanno dato la carica che da tempo cercavo, la consapevolezza di una persona adulta ma non troppo, la sua esperienza e il suo “quando vuoi siamo qua”.

Nonostante i treni persi, i pullman in ritardo e gli scali scordati, è stato uno dei viaggi più belli della mia vita. Quello del ritorno, in particolare, dove ho fatto diverse bizzarre conoscenze, tra cui una di cui voglio brevemente parlare.

Mi trovavo alla stazione di Milano Centrale, dovevo pranzare e dovevo farlo nella maniera più economy possibile considerati i 10 euro di colazione spesi nell’aeroporto lettone, così optai per il prevedibile meal McDonald. Presi il mio vassoio, scelsi il primo tavolo libero disponibile e mi sedetti. Ad un certo punto, sbucò dal nulla una ragazza, la quale tutta agitata, mi chiese se poteva sedersi con me al tavolo poiché aveva bisogno della presa della corrente per caricare il suo iPhone. Era una ragazza sulla ventina, mora, dalla carnagione scura e dal viso un po’ provato, di chi aveva fatto le ore piccole ma non se le poteva permettere. Apparentemente goffa, e un po’ imbranata. Senza esitare la invitai a sedersi e contro ogni mia precedente aspettativa mi dimostrai socievole e disponibile, e facendo un po’ di conversazione scoprii che era al secondo anno di giurisprudenza e che stava facendo tirocinio presso uno studio legale per il quale, in quel momento, avrebbe dovuto prenotare dei voli attraverso il suo telefono sfortunatamente scarico, e mal funzionante. Così, mi proposi e la aiutai. Nel mentre, parlammo, tanto, di tutto, le spiegai la mia situazione, due aneddoti del passato e quel paio di abbozzati progetti futuri, e lei mi illustrò i suoi, e con grande consapevolezza spiegò il suo punto di vista sul tanto dibattuto “essere nel proprio tempo”.

“Non importa se non si è in pari con gli esami. Non lo sarò neanche io probabilmente. Ma la differenza tra noi e le persone che spaccano il minuto in questo genere di cose è che io e te avremo vissuto veramente questi anni, un giorno potremmo dire di esser stati giovani. Tu potrai dire di aver attraversato l’Europa da solo, di aver visto sorgere il sole a fianco degli amici di una vita e non, di aver vissuto i tuoi amori e averlo fatto a 360°. Facciamo il nostro. Stiamo in biblioteca le ore che meritano di essere spese in biblioteca ma poi usciamo. Facciamo le 5 del mattino a causa di feste alla quale ci siamo imbucati anche se il giorno dopo dobbiamo essere attivi al mattino, per adempiere ai doveri del nostro stage universitario. Sfruttiamo i wifi gratis dei McDonald e chiediamo il caricabatterie a sconosciuti. Questo significa essere noi. Questo significa essere veramente in pari.”

Ad un certo punto dovette scappare, e dopo avermi dato due dritte per la metro quella piacevole e inaspettata conversazione si interruppe. Non conobbi mai il suo nome. Ma chiunque tu sia, grazie.

Greetings from Finland.

 

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